Usare gli archetipi per aumentare il proprio potere personale (2)

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Post estratto dal blog di VivereLaVita

Gli archetipi sono le forze segrete che determinano il comportamento umano.
Dato che risiedono nell’inconscio, la parte della nostra mente di cui non siamo consapevoli, gli archetipi ci influenzano “a nostra insaputa”. Solo quando possiamo prendere coscienza e “osservare” un archetipo che opera in noi, allora ci stiamo differenziando dall’archetipo stesso. Questa differenziazione è importante perché quando riusciamo a separarci da un archetipo, è meno probabile che influenzi il nostro comportamento in modo deleterio.

L’archetipo, o meglio ancora, gli archetipi che ci influenzano, 1) danno un’impronta al nostro comportamento, 2) innescano determinate emozioni (p.e. gli amanti sono appassionati, i re sono magnanimi, i guerrieri sono coraggiosi, …), 3) danno alla nostra vita un senso ben preciso.

Avendo la consapevolezza del modo in cui gli archetipi influenzano e scandiscono il nostro atteggiamento, possiamo trovare il modo di utilizzare queste forze per liberare la nostra vera essenza e aumentare la nostra coscienza e potere personale. Nei prossimi paragrafi passeremo in rassegna le metodologie di lavoro più interessanti sugli archetipi.

Interpretazione dei sogni

Fu lo stesso C. Jung ad analizzare due metodi distinti per lavorare con gli archetipi: i sogni e la visualizzazione creativa. I sogni in particolare sono il mezzo attraverso il quale l’inconscio ci parla. Tuttavia la comunicazione dei sogni non è diretta, né logica, dato che essi comunicano attraverso simboli. E questi simboli rappresentano spesso forze archetipiche.

Secondo diversi autori le persone o gli animali che ci comunicano qualcosa nei sogni, sono personalità autonome che coesistono, insieme ad altre, nella nostra psiche, cosicché ogni figura del sogno può essere pensata come a una parte reale che vive dentro di noi. Partendo da questo assunto, un sogno ben ricordato eanimalsindreams1 che percepiamo come significativo può essere analizzato in stato di veglia o meglio ancora in uno stato meditativo, cercando associazioni tra le figure del sogno e determinati archetipi, collegando poi queste associazioni archetipiche a nostre sub-personalità più o meno note a noi stessi, e infine interpretandole in determinati contesti o situazioni che caratterizzano la nostra esistenza. Se il sogno sembra suggerirci l’attivazione di determinati archetipi che magari non abbiamo sviluppato a dovere e sono, per così dire, “latenti”, allora quella è la direzione da prendere. Non resta ora che attivarli, con l’immaginazione e con il potere dell’intenzione.

L’immaginazione attiva.

Con la visualizzazione, o “immaginazione attiva” usando la terminologia junghiana, mettiamo in atto una partecipazione cosciente che nel sogno non può essere agita. In sostanza ci mettiamo volontariamente in dialogo con parti del nostro inconscio attraverso l’immaginazione. Questo tipo di lavoro può essere svolto in stato di veglia, anche se personalmente ritengo sia molto più efficace in stato di trance meditativa, una condizione nella quale la mente razionale smette di dominare la scena, e spesso di “inquinarla” con ragionamenti e costruzioni logiche. Se vogliamo arrivare a un risultato ottimale, a volte sorprendente, dobbiamo attivare quindi il pensiero analogico dell’emisfero destro, cosa possibile solo alle frequenze cerebrali dello stato di trance meditativa. Un lavoro che può essere svolto anche da soli, se abituati alla meditazione o se capaci di praticare l’auto-ipnosi. Altrimenti si potrà chiedere la mediazione di un professionista.

Il processo di lavoro con gli archetipi attraverso la visualizzazione richiede che si richiami una parte di sé, meglio se identificata attraverso un archetipo, e si inizi un dialogo intorno a un determinato aspetto della nostra esistenza che vorremmo cambiare (in meglio). Se il dialogo si innesca con la partecipazione attiva dell’inconscio esso comincerà a fluire spontaneamente, con parole e/o immagini e una vera e propria trama. Potrà allora succedere che una nostra parte faccia (nella nostra immaginazione) determinate azioni o pronunci determinate parole. Può esserci un’interazione, a volte anche drammatica, con altre parti e la situazione produrrà un esito finale. Di per sé il lavoro di risanamento a livello psicologico e spesso spirituale è già avvenuto, grazie al simbolismo utilizzato dall’inconscio e dal potere di riorganizzazione che esso è capace di attuare. Tuttavia, per una valorizzazione piena dell’esperienza è utile associare attivcreative-visualizationamente un significato al film che è scorso davanti ai nostri occhi. Ossia ciò che viene definito in letteratura  “Adding the ethical element of values” , ovvero l’atto del trarre coscientemente un insegnamento dalla scena vissuta.

Ora siamo pronti per portare l’insegnamento (ciò che, finalmente, “abbiamo capito”) nella vita reale. Magari rafforzandolo con qualche “rituale” da iniziare immediatamente, già dall’indomani (per esempio, se l’insegnamento che abbiamo tratto dalla visualizzazione è che dobbiamo prendere in mano la nostra vita e risvegliare il Sovrano che è in noi, potremmo decidere di rinforzare questa scoperta stilando ogni mattina una lista ben definita degli obiettivi della giornata, con la determinazione di raggiungerli).

Per consolidare il lavoro fatto è molto utile scrivere un racconto della visualizzazione e in particolare i dialoghi tra le Parti del Sé che si sono svolti. In questo modo potremo di tanto in tanto rileggerli rinnovando il benefico effetto del messaggio.

Scoprire e abbracciare i nostri archetipi di riferimento

Last but not least il semplice scoprire quali sono gli archetipi che impersoniamo in questa fase della nostra vita ha un effetto di potenziamento globale del nostro modo di essere. Ognuno di noi è unico, ma troppo spesso lo dimentichiamo. Anzi, facciamo di tutto per omologarci alle mode, al modo di vivere e comportarci che i più giudicano congruo, o “etico” o “morale” o, semplicemente, conveniente e di “buon senso”. Ed è così che anneghiamo la nostra unicità in “ruoli” standardizzati: il giusto “capo-ufficio”, il giusto “insegnante”, il “padre”, la “figlia”, il “giudice”, ecc. Secondo Robert Hopcke possiamo svilupparci a livello psicologico solo se permettiamo ai nostri archetipi di entrare nella nostra consapevolezza cosciente, coltivando una relazione tra i nostri due livelli di esistenza: quello personale quotidiano e quello archetipico. Possiamo attingere intuizione, conforto e forza quando possiamo relazionarci con miti, storie e folclore, perché questi possono fornirci una sorta di mappa per navigare e ottenere una comprensione più profonda dei temi delle nostre vite. Riattivando, spesso, anche le nostre capacità intuitive e creative. Attingere al significato degli archetipi è trasformativo perché aumenta il livello di significato e di connessione con la nostra vita e con il mondo che ci circonda.

Questa via implica:

  • scoprire i propri archetipi-guida. Ci sono diversi test disponibili online e quindi ci si può sbizzarrire. L’importante è non prenderli troppo sul serio. In realtà il vero lavoro di scoperta implica soprattutto un’attenta auto-osservazione e la scoperta dei propri valori, delle proprie convinzioni, della molla delle nostre motivazioni.
  • conoscerli meglio. Dato che gli archetipi sono ben definiti e “universali”, soprattutto con riferimento a quelli junghiani (consolidati poi da Hillman e da altri autori, come descritto nell’articolo precedente), possiamo analizzarne le caratteristiche, comprenderne la vera essenza, associare a tale essenza dei personaggi, storici o contemporanei, per avere degli esempi di come questi archetipi possono inserirsi nella realtà del mondo. E’ anche importante prendere coscienza di cosa l’archetipo può diventare nella sua ombra, (ossia quando si manifesta in un modo non equilibrato fino a diventare negativo) e cosa lo caratterizza al contrario nella sua manifestazione di luce.
  • scoprire come possono contribuire alla nostra realizzazione. Ogni archetipo ha dei propri “superpoteri“. Saperlo può indicarci in quale direzione risolvere determinati problemi, attraverso il potere e l’energia dei nostri archetipi di riferimento.
  • usarli come guida. Una volta abbracciati i nostri archetipi, avremo infatti le idee più chiare su come andare avanti  e come comportarci. Come scriveva Jung “Se ti metti nell’icona, l’icona ti parlerà … ha un effetto magico“.

Quando la trasformazione non è necessaria

Spesso in questo lavoro di scoperta e trasformazione, ci rendiamo conto che il vero problema non è scoprire qualcosa di nuovo che dobbiamo ancora diventare, quanto il permetterci di esser ciò che già siamo. Il riconoscimento che l’essenza di chi siamo è sempre stata presente. Il cambiamento allora non implica una aggiunta, ma il “lasciar andare” le attività, le credenze e i falsi sé che si sono manifestati lungo il cammino.
Il momento eureka nel processo di scoperta e presa di coscienza, è quando finalmente lasciamo andare la finzione che ci ha sostenuti e intrappolati in molti anni della nostra vita adulta.

L’autenticità implica l’essere onesti con te stesso su chi sei, dove stai andando, cosa ti spinge, cosa non ti piace, cosa ti incanta, cosa ami. È la tua prospettiva unica. È la tua impronta digitale psichica.

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